Il MES e la sua riforma sono temi complessi e molto discussi. Per dissipare un po’ di confusione, vediamo di cosa si tratta e quali sono le modifiche oggetto di molte polemiche.
Cos’è il MES?
MES è l’acronimo di Meccanismo Europeo di Stabilità, anche detto Fondo salva Stati. È la traduzione italiana di ESM, European Stability Mechanism.
Un’organizzazione intergovernativa europea creata nel 2012 al fine di tutelare gli Stati membri dal rischio di default, cioè di fallimento. Poiché uno Stato che fallisce e non è più in grado di onorare i propri debiti è un problema per i propri cittadini, ma anche per tutti gli altri Stati facenti parte dell’unione economica.
In sostanza se il nostro Paese andasse in default, ne pagherebbero le conseguenze sia i nostri connazionali sia i cittadini degli altri Paesi dell’area Euro.
Proprio a causa dell’interdipendenza delle nostre economie, si è deciso di istituire questo organismo cui contribuisce ogni Stato in base al proprio potere economico rispetto agli altri. Il Paese che contribuisce maggiormente è infatti la Germania con il 27%, seguita dalla Francia (20%) e dall’Italia che ha una quota del 18%. La dotazione del MES può raggiungere l’importo massimo di 700 miliardi di euro. Per avere un riferimento in termini di grandezza, la manovra economica che si sta approvando in Italia vale circa 30 miliardi.
Il fondo interviene su richiesta del Paese in grave crisi e ad oggi è stato utilizzato da alcuni Paesi: Cipro, Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda.
Per accedere agli aiuti, i Paesi devono accettare delle clausole e dunque impegnarsi, ad esempio, a ridurre la spesa pubblica o a fare delle riforme strutturali, come può essere una pesante riforma delle pensioni.
Riforma MES e salvataggio delle banche
Perché si parla del MES pur essendo stato istituito ormai quasi 8 anni fa?
Perché nel giugno 2019 i ministri delle Finanze dell’Eurogruppo, di comune accordo, hanno deciso di riformare questo organismo introducendo due importanti novità che coinvolgono il salvataggio delle banche e la ristrutturazione dei debiti degli Stati.
Partiamo dalle banche, ma con una premessa. Le novità che stiamo illustrando non sono ancora in vigore poiché è necessaria la ratifica di tutti i Parlamenti degli Stati membri.
Il MES con la riforma diventerebbe il paracadute delle banche in crisi, nel caso in cui gli Stati non riescano ad intervenire con fondi propri. La parte di fondo destinata a queste operazioni sarebbe pari a 70 miliardi di euro.
Questo meccanismo si chiama tecnicamente backstop, e anche in questo caso vale il discorso fatto prima per gli Stati. Una banca sistemica, cioè una banca nazionale di grandi dimensioni, che rischia di fallire è un problema per tutti i Paesi europei e non solo per quello in cui quella banca opera. Da qui la scelta di attivare il fondo anche in casi di gravi crisi bancarie.
Riforma MES e ristrutturazione del debito
L’altro punto molto discusso riguarda la semplificazione del meccanismo di ristrutturazione del debito dei singoli Paesi da parte del MES.
Ristrutturare un debito significa, in parole semplicissime, che accertata l’impossibilità per uno Stato di pagare integralmente il proprio debito, costituito da Titoli di Stato, si procede con la riduzione del valore di quei titoli.
Significa che chi possiede dei Titoli di Stato, perde dei soldi perché questi perdono di valore.
Dunque stiamo parlando comunque di un meccanismo che:
- non è automatico;
- necessita di una serie di verifiche;
- richiede l’approvazione dell’85% del fondo, e l’Italia come detto ne detiene il 18% quindi ha il potere di bloccare le decisioni.
Quindi no, non verranno intaccati nottetempo i conti correnti italiani per salvare le banche tedesche. Questa prima di tutto è una notizia falsa e in seconda battuta banalizza un tema che come abbiamo visto è immensamente articolato e complesso.
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