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Rapporto di lavoro tra parenti: quando è possibile e quando no

6 Luglio 2016 di Noemi Secci Lascia un commento

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Rapporto di lavoro tra parenti Pin

Capita di frequente che un lavoratore presti la propria attività nell’azienda del coniuge o di un parente o affine, e ci si chiede se sia possibile un rapporto di lavoro tra parenti. Il rapporto di lavoro tra parenti e familiari (si considerano familiari i coniugi, i parenti entro il 3° grado e gli affini entro il 2°) non è assolutamente vietato: c’è, però, una presunzione di gratuità dell’attività lavorativa, se chi collabora convive col titolare dell’impresa o dello studio professionale.

In pratica, la giurisprudenza prevalente ritiene che il familiare convivente lavori presso il familiare imprenditore o professionista per spirito di solidarietà e non per l’adempimento di un contratto.

Leggi anche “730 precompilato 2018: come funziona“

Tuttavia, la presunzione di gratuità del lavoro può essere vinta da una prova contraria; il familiare-lavoratore subordinato deve cioè dimostrare:

  • di aver lavorato con tutte le caratteristiche tipiche del lavoro subordinato (obbligo di orario, assoggettamento alle direttive ed al potere organizzativo del datore di lavoro, etc.);
  • di aver pattuito un compenso.

Se mancano prove precise e rigorose, il rapporto lavorativo è giudicato inesistente.

Se il familiare non convive col datore di lavoro, la prestazione si ritiene subordinata a tutti gli effetti, ma deve comunque essere provata dall’interessato.

Naturalmente, non sussiste alcun problema se il lavoratore viene direttamente inquadrato come dipendente o come collaboratore con una regolare assunzione. Può essere anche retribuito con i voucher, o buoni lavoro.  Ai fini fiscali, però, lo stipendio del familiare non può essere dedotto dal reddito di impresa o di lavoro autonomo del datore (a meno che questo non sia una società): possono invece essere dedotti i contributi.

Rapporto di lavoro tra parenti: Impresa familiare

È anche possibile costituire un’impresa familiare con il coniuge ed i parenti sino al terzo grado (sono esclusi i conviventi di fatto): è necessario formalizzare l’accordo con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Nell’impresa familiare, i parenti non sono inquadrati come lavoratori subordinati, ma partecipano agli utili in cambio della propria opera: la percentuale di partecipazione agli utili non è predeterminata dalla legge, ma stabilita con apposito accordo.

Il titolare deve iscrivere i familiari come collaboratori nella gestione Inps artigiani o commercianti, a seconda del settore di attività e pagare i relativi contributi.

Rapporto di lavoro con familiari: Colf e badanti

Se il parente per il quale si presta la propria attività non è imprenditore o lavoratore autonomo, è possibile essere comunque assunti come colf, badanti o babysitter. Non è permessa la sola assunzione del coniuge, a meno che il coniuge che assume risulti non autosufficiente.

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Categoria: Risparmi e Fisco
Tag: assumere un familiare/ familiare lavoratore/ impresa familiare

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