Dal 2016 il congedo parentale retribuito è esteso ai genitori professionisti o che lavorano in proprio.
Buone novità per i genitori che lavorano in proprio, come autonomi o liberi professionisti: dal 2016, grazie alla Legge di Stabilità, potranno finalmente avere anche loro diritto al congedo parentale retribuito.
Per chi non lo sapesse, il congedo parentale (regolamentato attualmente dal Decreto Legislativo 151/2001, il Testo Unico Maternità-Paternità) è un congedo aggiuntivo, rispetto alla maternità obbligatoria, che ora, grazie al Jobs Act, può essere fruito sino ai 12 anni del bambino. Si tratta di un’agevolazione molto importante, per conciliare le esigenze di lavoro e famiglia.
Il congedo parentale può essere chiesto sia dalla madre che dal padre del bambino, per un massimo di 6 mesi per ciascun genitore: se decidono di fruirne tutti e due, la somma dei periodi di congedo non può superare 10 mesi. Se il bambino ha un solo genitore, questi avrà diritto a 10 mesi di congedo.
Non tutti i 10 mesi, però, sono retribuiti, ed i periodi indennizzabili non arrivano ai 12 anni del bambino: vediamo insieme, nel dettaglio, il funzionamento del congedo parentale.
Congedo parentale retribuito autonomie liberi professionisti
Il congedo parentale retribuito per lavoratori autonomi non avrà la stessa disciplina di quello già previsto per i lavoratori dipendenti (che, come osservato poc’anzi, è recentemente cambiato, grazie al Jobs Act).
Mentre i lavoratori dipendenti, infatti, possono godere di 6 mesi di congedo parentale retribuito (tra madre e padre) sino ai 6 anni di vita del figlio, i lavoratori autonomi e liberi professionisti possono godere dei 6 mesi retribuiti sino ai 3 anni di vita del bambino.
In particolare, per i figli degli autonomi nati dal primo gennaio 2016 spetteranno, in totale, 6 mesi retribuiti di congedo parentale, sino ai 3 anni di vita del bambino; per i figli dei lavoratori autonomi nati nel 2015, invece, spetteranno soltanto 3 mesi retribuiti, sino al compimento del primo anno di vita del bambino.
È uguale a quello già previsto per i dipendenti, invece, il trattamento economico e previdenziale, secondo quanto esposto nel Testo Unico Maternità e Paternità.
La tutela, dunque, non è stata ancora pienamente pareggiata, ma il riconoscimento di questo congedo retribuito è comunque un passo avanti verso la parificazione dei diritti per i lavoratori autonomi, categoria notoriamente considerata un gradino più in basso rispetto ai lavoratori dipendenti.
Astensione per maternità non obbligatoria
Sia durante il congedo parentale, che durante l’astensione per maternità obbligatoria, è stato recentemente chiarito che non sia più necessaria l’effettiva astensione del lavoro, per percepire l’indennità. Questo è stato deciso perché risulta di fatto impossibile dimostrare l’effettiva astensione dall’attività in proprio.
Divieto di risoluzione del contratto
La normativa tutela, infine, anche i contratti in essere del lavoratore autonomo, sia in caso di maternità che di malattia o infortunio: in queste ipotesi, difatti, il contratto non si estingue, ma resta in sospeso. In pratica, il lavoratore non è obbligato a prestare la sua attività, da una parte, mentre il cliente, sintantoché la prestazione è sospesa, non è obbligato a versare il compenso, mentre il contratto resta in vita.
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