Non mettere in regola la collaboratrice domestica può costare molto caro, non solo al datore di lavoro, ma anche alla lavoratrice stessa: vediamo che cosa si rischia.
Se non assicuri la tua colf, i rischi che correte, sia tu che lei, sono molto gravi: non mettere in regola la collaboratrice, difatti, non solo la priva ingiustamente dell’assicurazione contro gli infortuni e dei contributi utili alla pensione, ma espone lei e la tua famiglia a pesanti sanzioni. Vediamo quali.
Sanzioni per il lavoro nero
Per non aver comunicato all’Inps l’assunzione della collaboratrice domestica, la sanzione va da un minimo di 200 a un massimo di 500 euro.
Inoltre, per la mancata iscrizione della colf all’Inps è prevista la cosiddetta maxi-sanzione che va da 1.500 euro a 12.000 euro, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo. Col Jobs Act, però, le sanzioni sono cambiate e sono state calibrate sull’ammontare delle giornate in nero.
In particolare, le sanzioni previste attualmente sono:
- da 1.500 a 9.000 euro, se la lavoratrice è stata impiegata per 30 giorni effettivi;
- da 3.000 a 18.000 euro, se la lavoratrice è stata impiegata da 31 a 60 giorni effettivi;
- da 6.000 a 36.000 euro, se la lavoratrice è stata impiegata per oltre 60 giorni effettivi.
Le sanzioni sono aumentate del 20% in caso d’impiego di lavoratori stranieri e minorenni; ad ogni modo, si tratta di violazioni diffidabili: se il datore di lavoro adempie alla diffida ed assume la colf, le sanzioni sono fortemente ridotte.
Sanzioni per il mancato versamento dei contributi
Per il mancato versamento dei contributi all’Inps, sono inoltre dovute le sanzioni civili al tasso del 30% su base annua, calcolate sull’importo dei contributi evasi, con un minimo di 3.000 euro, indipendentemente dalla durata accertata del rapporto di lavoro. Quindi, ci si può ritrovare a versare 3.000 euro all’Inps anche per una sola giornata di lavoro nero.
Sanzioni per l’assenza di permesso di soggiorno
Se il rapporto di lavoro è stato instaurato con una colf priva del permesso di soggiorno, le conseguenze sono ancora più gravi: si rischiano l’arresto da tre mesi a un anno e un’ammenda sino a 5.000 euro.
Che cosa rischia la lavoratrice
Nel caso in cui venga accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro in nero e il pagamento in nero della colf, comunque, non è solo il datore di lavoro a subire delle sanzioni: se, difatti, la lavoratrice riceveva dei sussidi o delle prestazioni assistenziali collegati allo stato di disoccupazione o all’assenza di redditi, è obbligata a restituirli con sanzioni e interessi, salvo il risarcimento del maggior danno.
Rischia, inoltre, sino a 2 anni di reclusione per il reato di falsa dichiarazione (più precisamente, per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, secondo quanto previsto dall’articolo. 483 del codice penale).
Può subire, poi, una condanna penale, o la condanna al pagamento di una pesante sanzione amministrativa, per le indebite erogazioni a danno dello Stato.
Infine, la lavoratrice potrebbe subire un accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per le somme non dichiarate e non tassate.
Vista la gravità delle sanzioni, è dunque consigliabile regolarizzare la colf il prima possibile e “coprire” i periodi precedenti con una scrittura privata, nella quale la colf dichiari di aver effettuato delle piccole collaborazioni a titolo di amicizia, senza alcuna coercizione né vincoli di orario o mansioni, mentre il datore dovrà dichiarare di aver versato delle somme alla lavoratrice a mero titolo di riconoscenza (una sorta di donazione).
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