In molte occasioni si sente parlare delle imprese sociali, come aziende fortemente agevolate e con accesso più facile ai finanziamenti.
I settori in cui questi enti operano sono tutti a prevalente presenza femminile, ovvero assistenza, educazione, formazione; è naturale, dunque, che ci sia capitato, più di una volta, di riflettere sull’avvio di un’impresa di questo tipo.
Se abbiamo intenzione di aprire un’attività, però, dobbiamo capire se possiamo utilizzare la forma dell’impresa sociale per la nostra nuova impresa o meno, e, soprattutto, se la scelta è davvero conveniente.
In questa breve guida, vedremo insieme quali sono i requisiti ed i vantaggi dell’impresa sociale, per valutare se faccia al caso nostro.
Innanzitutto, l’impresa sociale, secondo il D.lgs 155/2006, è una vera e propria attività economica: il limite principale consiste nel fatto che i guadagni non possano essere redistribuiti, ma vadano invece reinvestiti ( ad esempio, ampliando o innovando l’azienda). Niente distribuzione degli utili nemmeno in caso di scioglimento dell’azienda: in questo caso, andranno versati ad altre imprese sociali.
Un’altra importante limitazione riguarda l’organico direttivo, che deve essere composto per la metà dai lavoratori.
Lo scopo di questi “paletti” è la contrarietà alla speculazione e la considerazione dei primari interessi della collettività: i dipendenti devono poter vivere dignitosamente, e si deve offrire un prodotto, o un servizio, che consenta alla società di migliorare e star bene , senza speculare sui prezzi.
A proposito di prodotti e servizi offerti, i settori d’attività nei quali l’azienda può operare possono essere:
- assistenza sociale e sanitaria;
- istruzione, cultura e formazione;
- tutela ambientale;
- turismo sociale (nel quale si offrono servizi aggiuntivi, come l’accompagnamento di disabili);
- offerta di servizi ad altre imprese sociali.
Le forme giuridiche escluse sono solo le ditte individuali, le SpA, e le attività di pubblica amministrazione. Via libera, invece, alle altre società di capitali ed alle società di persone, nonché a forme particolari come consorzi, cooperative sociali, associazioni, fondazioni e comitati.
L’impresa sociale non va confusa con le ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale), le APS (Associazioni di Promozione Sociale) e gli enti non commerciali (L.460/97), che hanno una disciplina differente.
Quali sono le agevolazioni per l’impresa sociale?
Innanzitutto, vi sono agevolazioni fiscali per chi investe in nuove imprese sociali ad alto contenuto tecnologico, ovvero nelle start up (detrazione del 25% per gli investitori persone fisiche e 27% per le per persone giuridiche).
Per le stesse startup innovative a vocazione sociale, vi è poi l’esenzione, per un primo periodo, dal versamento del diritto camerale, ed un’aliquota Irpef più bassa.
Per tutte le imprese sociali, poi, innovative o meno, sono messi a disposizione mezzi di finanziamento pubblico specifici: si va dai bandi europei a quelli comunali. Nella maggior parte si tratta di prestiti agevolati, con tassi vicini allo zero e nessuna richiesta di garanzia (come, ad esempio, il microcredito), relativi, però, ad importi piuttosto bassi, ma vi possono essere anche finanziamenti a fondo perduto. In questo caso , tuttavia, è bene sapere che la spesa deve essere comunque anticipata dall’impresa, e che i costi non sono mai finanziati al 100%; inoltre, data la complessità dei requisiti d’accesso e dei parametri di valutazione, riescono ad ottenere i fondi davvero in pochissimi.
Dunque, se stiamo pensando di costituire un’impresa sociale solo in base ai possibili vantaggi, non è tutto oro quel che luccica, e non sono semplici nemmeno gli adempimenti, dato che non è concessa la forma di ditta individuale: è necessario, dunque, disporre già in partenza di una buona e fidata “squadra”, e di un bel gruzzolo da investire.
Pertanto, se si ha in mente un buon progetto, è preferibile iniziarlo in piccolo, ma non tradire l’idea iniziale, piuttosto che forzarlo per farlo inutilmente rientrare nella categoria del sociale.
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